Lavoro femminile: l'Italia pecca nell'emancipazione

  • 06/08/2013
  • Sia in campo economico che politico e sociale, il gap uomo-donna in Italia non accenna a diminuire. Complice la crisi, la condizione lavorativa della donna sembra non voler migliorare, anche dal punto di vista qualitativo.
    Rispetto al passato, oggi la donna italiana ha aspirazioni e istruzioni più elevate (sia al Nord che al Sud) ma, fin dall'inizio della carriera lavorativa, si scontra molto di più rispetto all'uomo con il precariato, con retribuzioni basse e spesso è costretta a svolgere lavori per il quale il titolo di studio richiesto è inferiore a quello posseduto. Se la situazione sembrava dovesse migliorare intorno al 2008, con l'incombere della crisi economica di fatto è solo peggiorata. Nel biennio 2008-2010 l'occupazione femminile è diminuita di 103.000 unità, portando l'occupazione ad un tasso del 46,1% (ultimi in Europa prima di Malta). Nello stesso anno la quota di donne inattive (cioè coloro che hanno rinunciato alla ricerca di un lavoro ma lo vorrebbero) è di quasi 4 volte più elevata rispetto alla media europea (16,6% contro il 4,4%). Non sono migliori i dati sulle retribuzioni: lo stipendio netto mensile di una dipendente è inferiore del 20% rispetto a quella maschile (nel 2010, 1.096 contro 1.377 euro). Tra i laureati il divario diventa 1.532 contro 1.929 euro. Interessante anche il dato che esamina come le donne siano più sovraccariche di lavoro anche nella vita privata; calcolando infatti sia le ore di lavoro retribuito che familiare, una donna lavora giornalmente 53 minuti in più del proprio partner. Il 71,1% delle ore dedicate al lavoro familiare dalle coppie di occupati è quindi a carico delle donne.
    Di fatto, il tasso di disoccupazione femminile conosce una crescita continua da novembre 2011 a gennaio 2013, quando ha toccato il 12,8% contro il 10,8% dei colleghi uomini. Attualmente, il tasso di occupazione femminile rimane quindi tra i più bassi tra i paesi Ocse: è di 11 punti inferiore rispetto alla media europea, di 13,4 punti rispetto alla Francia e di 21,2 inferiore alla Germania. Inoltre l'Italia è alla 101esima posizione tra i paesi Ocse nella graduatoria relativa alla partecipazione e alle opportunità offerte dal mercato del lavoro alle donne (dati resi noti durante il World Economic Forum del 2012).
    Sembra quindi che la crisi stia andando a peggiorare sempre di più una situazione già di per sè difficile. Chiudiamo però con un dato positivo: il ritardo nel mercato del lavoro femminile nel nostro Paese si riduce se si guarda alla fascia più istruita della popolazione. Negli ultimi anni il numero delle laureate è continuato ad aumentare tanto che nelle fasce più giovani le laureate superano i laureati. In Italia inoltre vantiamo una media superiore, rispetto a quella europea, di donne laureate in discipline matematiche, scientifiche e tecniche.

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